E poi, c'è una lucertola, con la quale discorro ogni giorno. E ci sono i grilli, che mi fanno festa vedendomi. E ci son le libellule, che si posano sulle mie mani e vogliono a tutti i costi ch'io ammiri le loro alucce formate da fili di luce.
- Vuoi rimanere un asino?, - ribattevano i parenti. - Altro che lucertole e grilli ! Occorron maestri!
I maestri, finalmente, vennero. E con essi nacque nel garzone una grande smania di studiare. Ma, neanche a combinarla apposta, saltaron subito fuori nuove contrarietà. I maestri la intendevano in un modo, il garzone in un altro. I maestri s'ostinavano a discorrere di Numa Pompilio e della sua religiosità, di Muzio Scevola e del suo amor di patria, di Bruto e dei tiranni. Il garzone rideva della Ninfa Egeria, tirava la lingua alla mano arrostita e sbadigliava sull'ombra di Filippi: ma, in compenso, si faceva spiegare punto per punto il ratto delle Sabine, il gesto di Brenno e il passaggio del Rubicone. I maestri gli squadernavano sotto gli occhi i Promessi Sposi e gli davano da imparare a memoria la passeggiata di don Abbondio, la penitenza di fra Cristoforo o la fuga sul lago di Lucia e di Agnese. E il garzone, invece, recitava la sfuriata di don Rodrigo, le imprese dell'Innominato o l'assalto ai forni.
- Ha ingegno, ma non se ne caverà un bel niente; - sospiravano i maestri.
Lo misero a regime: doveva studiare dall'ora tale alla tal'altra, passeggiare così e così, coricarsi con le galline ed alzarsi coi galli. Eliminarono dall'insegnamento le materie superflue: l'arte del comporre, le letture, la poesia; e le sostituirono con nuove dosi di materie utili: nomenclatura, regole aritmetiche, massime morali di Smiles.
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