PUCCETTINO.
C'era una volta un giovane furbo, ma furbo, aiutatemi a dir furbo. I vicini scappavano al solo vederlo, e i genitori stessi lo temevano come la peste. Proprio lui aveva legato l'asino del mugnaio alla corda della campana e fatta accorrere in piazza tutta la gente scamiciata. Proprio lui aveva data la colla all'uscio d'una graziosa parrocchiana e obbligato il curato, ch'era dentro, a calarsi da una finestra. Proprio lui aveva addestrato un barboncino a infilarsi nelle cucine degli altri e a rubar le bistecche; e poi, s'era messo a ridere vedendo i mariti affamati alzare il bastone sopra le mogli innocenti. Ma potevano preparare appostamenti! Non c'era verso di pescare sul fatto nè lui nè il suo cagnaccio!
Infine, i parenti risolvettero, per disperati, di condurre il giovane lontano di lì e d'affidarlo alla custodia di un fattore di campagna, loro amico, che gli togliesse i ghiribizzi dal capo, obbligandolo a lavorare dall'alba al tramonto. Il furbo non disse nè sì nè no; ma per la strada guardava ogni paracarro e borbottava fra i denti: Mi rivedrai presto, mi rivedrai presto.
Mondava le viti e zappava la terra da pochi giorni: e già i suoi compagni di fatica gli volevano un bene dell'anima. Aveva trovato il tempo d'insegnar loro mille cose utili: a sostituire la polvere di gesso alla farina quando ritiravano i sacchi dal mugnaio; a succhiellare le botti per succiarne il contenuto con una paglia e a turar, poi, il bucherellino con pece greca; a dormire all'ombra delle siepi, mentre uno di essi, per turno, si poneva in vedetta.
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