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      Qualche volta, il colosso mormorava:
      - Eh, se non ci fosse quella piccina, saprei ben io come maneggiarmi!
      Era molto seccato della sua posizione. Porgeva orecchio al giovane? Ed ecco la figliuola piagnucolare. Badava alla figlia? Ed ecco il giovane metter su tanto di muso.
      Infine, una notte che non poteva chiuder occhio per i molti pensieri, si decise.
      - O lei o lui, pensò. Dunque, meglio finirla per sempre con lui e sbarazzarsi del grattacapo continuo.
      Si armò di un coltellaccio ed entrò con passo furtivo nella camera dei due giovani.
      Il furbo, che da un pezzo divideva il proprio giaciglio con la ragazza, e per certi segni minacciosi, di cui s'era accorto, dormiva sempre come la gatta di Masino, non perse tempo: si lasciò scivolare a terra, afferrò al buio i pochi abiti e quatto quatto infilò l'uscio socchiuso. Frattanto il colosso s'avvicinava al lettuccio, posava leggermente una mano sulle coperte, risaliva con essa lungo la forma del corpo, toccava una gola, premeva sotto il mento perchè questa rimanesse tesa e, zac, la segava proprio sotto il pomo d'Adamo.
     
     
     *

     
      Per tre giorni il giovane non si fece vivo. Al quarto, si ripresentò franco franco innanzi al colosso. Questi che, data la sua natura primitiva, aveva già messo il cuore in pace, grugnì mezzo di malumore e mezzo ridendo:
      - Volevo tagliare il nodo; e, invece, avevi già pensato tu ad ogni cosa.
      - È tempo di operare, e non di rammaricarsi; - dichiarò il giovane. - Ricordati che sei il più gagliardo e che a te tocca di importi.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





Masino Adamo