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      - Come vi chiamate?, - gli domandò il commissario.
      Lui lo disse:
      - Figlio di....?
      Lui lo disse.
      - Nato il....
      Lui lo disse.
      - Che cosa fate di professione?
      - Ma si tratta di un anello....
      - Bisogna rispondere.
      Lui rispose.
      - Siete certo che v'abbian rubato un anello e non un bastone?
      Lui giurò e spergiurò che non aveva mai portato bastoni nella sua vita.
      - Gli è che, se fosse stato un bastone, avremmo già il ladro sottomano.
      - Ma era un anello....
      - Pazienza! Acciufferemo ugualmente il mariuolo. Eh, li conosciamo sulla punta delle dita, quei messeri! E ne abbiano vita e miracoli depositati nel casellario. Tornate domani.
      L'uomo dal ticchio si ripresentò, puntualissimo, l'indomani.
      - Come vi chiamate?,- gli domandò il commissario.
      - Mi pareva d'averlo già detto una volta!, - tentò di ribattere l'interrogato.
      - Non importa. Bisogna rispondere.
      Lui rispose.
      Sciorinate le generalità, il commissario chiese:
      - Il vostro anello non era, per caso, in una bottega di gioielliere?
      Lui giurò e spergiurò che l'anello si trovava proprio al suo dito.
      - Gli è che, nel caso, avremmo già il ladro sottomano. Pazienza! Lo pescheremo ugualmente. Tornate fra un mese.
      Dopo un mese l'uomo dal ticchio si ripresentò puntualmente.
      - Come vi chiamate?, - gli chiese il commissario.
      - Se volesse far appello alla sua memoria..., - insinuò l'interrogato.
      - Che c'entra la memoria! Bisogna rispondere.
      Lui rispose.
      Sciorinate le generalità, il commissario chiese:
      - Per rubarvi l'anello vi hanno tagliato il dito?
      Lui giurò e spergiurò che nessuno gli aveva mai fatto un simile affronto.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119