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      La ragazza fu inviata in villa, presso una famiglia di conoscenti. Nei primi giorni sospirò ancora di più, mangiò ancor meno, si chiuse in un disperato mutismo e di nascosto rilesse una gran parte della sua biblioteca. Per fortuna c'era, laggiù, un giovinetto bello nel volto, delicato nelle membra e gentilissimo d'animo. La ragazza, circondata di soavi premure, cullata dalla blanda musica delle frasi più tenere, non tardò a modificare le proprie opinioni sulla campagna in genere e su quella villeggiatura in ispecie: non sospirò più, non guardò più le pietanze con sacro terrore, si avvezzò ad aprire la bocca per rispondere alle parole cortesi e lasciò che i ragni e la polvere stabilissero la lor dimora definitiva sovra la biblioteca dalle copertine color di rosa. Inoltre, la sua fantasia, specialmente nella notturna solitudine della camera da letto, si diede a sognare languide passeggiate tra file di mandorli in fiore, colloqui sotto il tenue spiover dei raggi lunari, minuetti di damine in guardinfante e di gentiluomini dalla parrucca incipriata e simili ammennicoli da cervelli in ozio. Anche l'autore della metamorfosi era contento, poichè le sue maniere squisitamente garbate e la sua profonda conoscenza degli aggettivi più dolci e armoniosi gli avevan procurato qualche intimo, benchè troppo fugace, contatto con due labbrucce tremule e tiepide come il corpicciuolo di un uccellino catturato.
      Un giorno, il figliuolo del mezzadro invitò la ragazza a contemplare un cagnuolo e una cagnetta, che scherzavano nel cortile.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119