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      Tanto, saran rubati!
      Spillò un vinello chiaro, che serviva a rinfrescare i carrettieri e ogni giorno, da buon cristiano, riceveva il battesimo; imbrattò la bottiglia di ragnatele; poi, sempre sbofonchiando, rifece le scale.
      - Guardi com'è limpido!, - esclamò ponendo il prezioso liquore tra il lume e gli occhi del giovane: - a forza di spogliarsi, è rimasto nudo nudo come un bambino innocente.
      - Proprio vero, - confermò l'altro dopo aver assaggiato. - Scommetto che non darebbe noia neppure a una mosca!
      Rise, ingozzò quel poco di cena; poi, lasciata la bottiglia a mezzo, si alzò avviandosi verso l'uscio.
      Ma l'oste gli si mise davanti.
      - Non s'offenda, sa?, - disse porgendogli un foglietto di carta tutto scarabocchiato: - è un'abitudine di questi luoghi. Si consuma e si paga subito; così, sono evitati i litigi.
      Il giovane diede un'occhiata agli sgorbi. Gesummaria! Neanche se avesse mangiato e bevuto come Lucullo! E la "stansia pulitta"? Doveva esser degna, almeno, di una reggia, a giudicarne dal prezzo!
      Ma l'oste intervenne con un sorrisetto mellifluo.
      - Se sapesse quanto costa la roba anche a noi! E le domestiche? Giust'appunto ne ho rifiutata una ieri, che pretendeva l'occhio del capo! Sono un galantuomo: e mi conoscono tutti da queste parti. Non saprei approfittare d'anima viva, specie poi di chi, mi scusi, non sembra molto in fondi.
      E, indovinando che l'altro stava per formulare una proposta, concluse:
      - Ci rimetto, ci rimetto, le giuro.
      Alzò gli occhi verso il cielo, come per invocarne la testimonianza; ma, visto che c'era fra mezzo il soffitto, li riabbassò sollecito sull'avventore.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





Lucullo