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      Quando il giovane si fu allontanato, il fattore si volse verso la moglie.
      - È una vera fortuna!, - dichiarò battendosi con dolcezza una mano aperta sul ventre. -- Questo lavorante mi renderà molto e mi costerà un'inezia. Invitiamolo a cena, per stasera, e diamogli da dormire in casa. Avrà tempo, in seguito, di mangiar pane e di coricarsi sul duro. E poi, bisogna mostrarsi affabili con i sottoposti.
      Il giovane divise la mensa dei padroni ed ebbe in regalo un abito, ch'era appartenuto al nonno del fattore nei beati tempi della sua giovinezza e costituiva quasi un ricordo di famiglia. Infine, fu condotto in una camera bianca bianca ed invitato ad annusar le lenzuola che odoravano di lavanda e abbagliavano col loro candore.
      Ma, verso la metà della notte, il giovane si alzò, si vestì senza far rumore e, in punta di piedi, visitò buona parte della casa al lume di una candela proprio di cera, e non di sego come quelle che son fornite di solito ai salariati.
      L'indomani, il fattore si recò a svegliare il nuovo lavorante; ma trovò il letto vuoto.
      - Bah!, - disse; - sarà per i campi.
      Poi s'avviò a pigliar quattrini dalla cassaforte. Ma questa era spalancata: e sembrava sbadigliasse per la noia di non aver più niente da custodire.
      Il fattore si dava pugni sul capo.
      - Ladro! Ladro!, - gridava.
      E non c'era verso di comprendere se parlasse d'altri o di sè stesso.
     
     
     *

     
      Il giovane, rimpannucciato e gioioso, affittò una camera ammobiliata presso un vecchio giudeo. Costui viveva solo con una mogliettina assai piacente, sposata di fresco, e con una figliuola di primo letto, un po' guercia e brutta anzichenò. Perciò, aveva da poco deliberato di mettersi in casa un galantuomo, possibilmente muscoloso, il quale gli togliesse la paura di trovarsi da un momento all'altro svaligiato.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119