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      - Trappolone! Trappolone!, - gridava.
      E non c'era verso di capire se parlasse d'altri o di sè stesso.
     
      PELLE D'ASINO.
     
      C'era una volta una ragazza ambiziosa, ma ambiziosa, aiutatemi a dire ambiziosa. Sovente vedeva passare a cavallo, innanzi alla sua casetta, il figliuolo del castellano, e pensava: Se potessi sposarmelo!
      Infine, chiese ai genitori il permesso di collocarsi al servizio del castellano come pastorella: indossò una pelle di pecora, che a mala pena le copriva i fianchi ed il petto, e cominciò a sorvegliare le greggi. Aveva l'epidermide bianca come il latte e le membra arrotondate al tornio; perciò non si peritava di esporle alla critica.
      Il figliuolo del castellano, che s'annoiava a rimanere in famiglia, si recava spesso nei prati. Gira oggi, gira domani, s'intoppò nella nuova guardiana. Ma il giovane era stato viziato dalla vita della città: si diceva, anzi, che riparasse al castello del padre solo allorchè sentiva di non poterla proprio durare con gli strapazzi. Diede un'occhiata distratta alla pastorella e proseguì il suo cammino. Nei giorni seguenti, dovunque andasse, trovava la ragazza. Questa a volte se ne stava in piedi, con le spalle pienotte esposte ai raggi del sole; a volte dormiva coricata al suolo, allungando le gambe, di cui il candore abbagliante ancor più risaltava sul verde dell'erba; a volte s'occupava a raccoglier fiorellini e, piegando il corpo in avanti, lasciava che tra la rustica veste e la pelle s'infiltrasse il lieve alito d'una brezzolina indiscreta.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119