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      A paragone di lui, la bella melensa appariva un vero portento di spirito! Non passava giorno senza che il degno giovane, con le sue astrazioni incomprensibili e le sue risposte sconclusionate, facesse sembrar tollerabili, anzi desiderabili, i discorsi della bella melensa. E questa glien'era così grata, così grata, che già cominciava a volergli un mondo di bene. Ma ciò non le impediva di sbadigliare spesso in compagnia del cugino.
      - Il mondo è un sogno, - le diceva costui; - e la realtà è una misera cosa. Le nostre gioie dobbiamo procurarcele a forza d'illusioni. Io, per esempio, ti amo: ma non perchè tu sia la tale bella ragazza, bensì perchè in te vedo riprodotta l'armonia dell'universo.
      - Che suono ha?, - chiedeva la melensa.
      Poi scappava via ridendo e, facendo sberleffi, felicissima di aver trovato una persona più melensa di lei.
      Qualche volta cugino e cuginetta si recavano a passeggiare per la campagna. Il poeta ammirava i gruppi d'alberi, il tremolio delle foglie, il pulviscolo d'oro del sole; la bella melensa saltellava dietro i grilli o coglieva margherite: ed era proprio contenta di sapersi insieme con una creatura così sciocca.
      In casa, frattanto, tempestavano perchè si concludessero le nozze. Il cugino era un ottimo partito, vera stoffa da matrimonio; e aveva un volto gradevole e un corpo sano, se non eccessivamente robusto. Dunque? Ma più crescevan le pressioni all'intorno, e più la bella melensa si mostrava irresoluta e turbata. Un'idea fissa sembrava che, ora, le sconvolgesse l'animo e la preoccupasse in modo da toglierle sin anco il desiderio di ridere del cugino poeta.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119