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      Il castellano, per temperamento assai parco di parole, stava il più possibile lontano dal crocchio; ma con la espressione benevola del volto e con la frequenza dei sorrisi dimostrava di approvare le sagge riunioni. Ed ecco che, passato qualche mese, il malocchio ricominciò a sviluppare il suo misterioso influsso. Ora un chierico un po' tenerello d'età, sovrappreso da debolezza alle gambe, crollava sul pavimento; ora un teologo, dalle guance un dì floride e scarne al presente, sveniva come una femminetta; ora un filosofo, già pieno di vivacità e adesso ridotto allo stato di mummia, s'appartava in un angolo per sputare, fra singhiozzi e rantoli, almeno mezzo polmone. Il castellano non sapeva darsi pace e con occhio esterrefatto contemplava il sempre maggiore via vai delle barelle, che venivano a prendere e a portare in appositi luoghi di cura gli infelici suoi ospiti. Ma un giorno, entrando all'improvviso nella camera della moglie, trovò costei che sillogizzava in camicia con due sapienti membri della Chiesa.
      - Questa è, dunque, la iettatura!, - urlò, mentre i teologi se la svignavano in fretta: - uno spolpamento di maschi, eseguito dalla mala femmina!
      La donna non battè ciglio.
      - Che cosa ti mancava qui dentro?, - continuò a inveire il castellano. - Non possedevi per marito l'uomo più amoroso che esista?
      - E come potevo esser certa di ciò, se non avessi proceduto a qualche paragone?, - ribattè con calma la moglie.
      Il castellano strinse le labbra, guatò un poco la donna: poi uscì senza aggiunger più sillaba, ordinando ai domestici di preparare le valigie dell'adultera.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





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