L'indomani, le gazzette ebbero il coraggio di affermare che si trattava di roba da cani.
- Sfido io!, - pensò il nostro ometto accarezzando il fedele barboncino.
Ma ricorse a un rimedio estremo.
- Poichè, - concluse, - l'altrui parere preventivo non vale, proverò a ricorrere al mio criterio personalissimo. Ogni sera, appena coricato, piglio un copione e leggo. Se rimango sveglio sino all'ultima scena, vorrà dire che l'opera è degna di veder la luce della ribalta; se, invece, m'addormento, saluti a casa e un bacio ai bimbi.
Rassicurato da questa prova del fuoco, o meglio del sonno, il nostro ometto non tardò ad esporre al generale giudizio la commedia di un sessantenne, perciò ancor giovane autore. Il pubblico ascoltò le prime battute; poi, con dignitosa concordia, infilò la porta del teatro senza neppure chiedere la restituzione dei denari sborsati per il biglietto d'ingresso. L'indomani, le gazzette sbraitarono che si trattava di roba da far dormire in piedi.
- Questo, poi, no!, - esclamò il nostro ometto dando un pugno sul giaciglio che aveva servito da aula di tribunale.
Per fortuna, proprio in quel giorno gli giunse una lettera, con la quale un autore proponeva di inscenare una commedia, dichiarandosi disposto a rimborsare ogni spesa. Il nostro ometto si fece pizzicar più volte da un amico per convincersi d'esser sveglio, eseguì una serie di balzi alla giraffesca; poi, sedè al tavolino per rispondere che accettava. Ormai, aveva imbroccata la strada buona e poteva fondare la propria impresa sovra un solido assioma capo-comicale: Il valore di una commedia è in ragione diretta della somma offerta per la rappresentazione.
| |
|