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      Detto fatto, si presentaron da un sarto, gaio compagnone, il quale godeva fama di amare sovra ogni cosa il proprio mestiere, i giovanotti spensierati e le burle. Ordinaron tre abiti secondo l'ultimo figurino, e dissero che avrebber pagato al momento della consegna.
      - Ci sarà una cenetta anche per voi, - dichiarò al sarto il primo mariuolo.
      - Con molti fiaschi di vino, - aggiunse il secondo.
      - E, alla fine, ci sarà una burletta, come non ne avete mai viste, - promise il terzo.
      Al sarto luccicavano gli occhi per la curiosità. Era così ansioso di godersi la cena e di bersi i fiaschi e di assistere alla burletta, che in quattro e quattr'otto terminò i vestiti. I mariuoli vennero, li indossarono, si guardaron ben bene nello specchio, dichiararono ch'eran contenti arcicontenti e, preso a braccetto il sarto, lo condussero in un'osteria. Mangia rimangia, bevi ribevi, da ultimo il terzo mariuolo disse:
      - Ora è tempo di pensare al sodo. Paghiamo questo galantuomo, e poi faremo la burla.
      - Non vi arrabbiate: ma i tre vestiti li voglio pagare io!, - gridò il primo mariuolo.
      - Niente affatto: tocca a me, invece, a pagarli!, - ribattè il secondo.
      Stavano per accapigliarsi, mentre il sarto si divertiva un mondo a sentirli; ma il terzo mariuolo, che s'era affacciato alla finestra, si volse.
      - Mettiamoci d'accordo, - propose. - C'è una bella ragazza, che sta passando per la strada. Usciamo tutti e tre: e il primo, che riesce a raggiungerla e ad abbracciarla, pagherà i tre vestiti.
      Detto fatto, scesero di corsa le scale e inseguirono la ragazza.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119