Come tremendo è l'odio del pacato borghese, irritato dalle scapataggini altrui e vigilante sovra la propria borsa ben pingue! E come feroce fu la vendetta del virtuoso tabaccaio, offeso dai debiti di un poeta! Morì, di fatti, Allan, e lasciò due milioni alla famiglia: ma, al figlio adottivo, neppure mezzo baiocco.
Passano, nell'ombra, anni di povertà completa. Una modesta pensione di Baltimora ha accolto Edgar, salvandolo dalla fame. È diretta dalla zia Clemm, la paziente "più che madre": ed offre al giovane non solo ospitalità, bensì anche i sorrisi e le fanciullesche carezze e i conforti della cugina Virginia, dolce creatura, nelle cui piccole mani già si trova racchiuso il grande trepido cuor del poeta. Tempo di oscurità e di miseria, ma di serena letizia, durante il quale Edgar, trovata la fanciulla degna del suo amore così spirituale, può acquetare un poco l'anima oppressa dal tormento di sapersi inesorabilmente confinata fra le muraglie di un orgoglio, cui nessuno sfocio è permesso.
Ma ecco, improvvisa, giungere la fortuna. Nitidezza di calligrafia rende piacevole e agevole, ai giudici di un concorso per novelle, la lettura del manoscritto, inviato da Poe. E il premio di cento dollari è decretato all'autore. Non basta. Uno degli esaminatori, John Kennedy (oh, ricordiamolo bene questo nome: è il nome dell'uomo, che spianò la strada a un poeta di genio!), riesce a procurare al vincitore ventisettenne un posto nella redazione di una rassegna di Richmond e uno stipendio, che inebria Edgar di gioia e gli consente di portar via seco la zia Clemm e di sposare Virginia, benchè questa abbia appena quattordici anni.
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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore 1924
pagine 58 |
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