Ma la gloria, regal femmina, vuol sedurre e non esser sedotta: perciò, contende ai dionisiaci il bacio, da lei stessa offerto, con spontaneità, agli apollinei. Come non darle ragione? Come dar torto a una donna bella e sensuale, che l'ebro vagabondo irrida e prescelga, per il proprio giaciglio, l'uomo apollineo armato d'ogni grazia e d'ogni dolcezza? E come potrebbe, il mediocre mondo, non consentire in questa scelta e non piegarsi, al pari della donna, innanzi a chi rappresenti, quintessenziate, le virtù idolatrate dal mondo? S'erge, dunque, l'apollineo, a incarnare l'assioma "La virtù sta nel mezzo". In arte, egli crea con Petrarca rime musicali e squisite o svolge con l'Ariosto dilettevoli trame, ghiotto pasto per i buongustai, o costruisce con Manzoni architetture ben equilibrate nella materia e nello stile, nello svolgimento delle linee e nella distribuzione degli ornati. Non conosce i sobbalzi e gli ardori di Dante o del Tasso o di Foscolo o di Edgar Poe: ma, appunto perchè rifugge dalle passioni violente, è più amato da un'umanità schiva e priva di passioni violente. Nella vita, poi, l'apollineo è specchio d'ogni perfezione. Lungi dall'abbandonarsi ai focosi stimoli dei sensi e dell'anima, con saggia pacatezza e con ferreo volere li guida e li tempera, incanalando ogni pensiero e ogni azione fra le dighe, elevate dalla mediocrità per difesa di sè stessa contro ogni rischioso eccesso, contro ogni tentazione sovvertitrice. E la mediocrità, ravvisando nell'apollineo le virtù, da lei predilette, prontamente gli incorona di lauro la fronte.
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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore 1924
pagine 58 |
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