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      La mistificazione, rendendo gli uomini attoniti, non li induce forse, meglio di qualunque altro richiamo, a volger gli occhi e gli animi verso il mistificatore? E il paradosso non è il colpo d'ala, che fa raggiungere fulmineamente, nella vita e nell'arte, le vette più inaccessibili? E il canard e il bluff e tutto ciò, insomma, che nel linguaggio comune si chiama "americanata", non rappresentarono, forse, un elemento essenziale sia della rapida ascesa degli Stati Uniti sia dell'arte di Poe? Col volger dei tempi, ottenuta la vittoria e placati, quindi, gli stimoli, la mistificazione e il paradosso si trasformarono da strumenti istintivi in strumenti ragionati, sino a divenire una formula, nella vita pratica come in letteratura: formula drammatica con Francis Bret-Harte, comica con Mark Twain. Ma Edgar Poe viveva agli albori della civiltà americana e, creando un'opera, nella quale si rispecchiavano forze ancor tumultuanti e primitive, dovea lasciare che queste si sviluppassero non fra i calcolati argini del dramma o della commedia, bensì oltre ogni strettoia, con epica ampiezza.
     
     
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      Per questo, per questa stessa ampiezza fuor d'ogni regola e d'ogni controllo, le qualità di Poe, come uomo rappresentativo, sfuggirono agli sguardi dei suoi contemporanei e dei biografi.
      Eppure, com'è americano lo scrittore che, in quei lontani tempi, per dare salde basi alla progettata rassegna "Stylus", formulava l'idea di una società fra i dodici maggiori letterati, che s'accaparrasse e dominasse il pubblico: trust vero e proprio, ma in anticipo!


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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore
1924 pagine 58

   





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