E se volessimo istituire un esame critico fra le opere dell'americano e del tedesco, troveremmo il ciclo delle novelle più ossessionate dell'uno, da Morella alla Rovina della casa Usher, preconizzato nel Violino di Cremona e nel Maggiorasco dell'altro, e la stessa teoria del demone della perversità, inspiratrice del Cuore rivelatore e del Gatto nero, già formulata nella Chiesa dei gesuiti.
Ma, in arte, non si tratta tanto di derivazioni, quanto di affinità spirituali. E la catena d'influssi, che unisce Hoffmann a Poe e Poe a Leopardi, non foggia un albero genealogico, ma addita uno sboccio di rami fratelli sul grande tronco di un'epoca storica. Inoltre, Hoffmann e Poe, ugualmente sinceri, vivevano in ugual modo i tormenti e i terrori, descritti nelle novelle. E l'uno e l'altro avevan, del pari, bisogno di dolci mani femminee, che calmassero il lor spasimo interno. E, a traverso l'opera letteraria dell'uno e dell'altro, noi assistiamo del pari ai sobbalzi e alle vibrazioni di anime irrimediabilmente sofferenti. Bagliori vividi solcan le pagine, arroventandole; singhiozzi di cherubini in esilio si elevan da sconosciuti abissi, accompagnando i tremuli suoni di un'arpa, toccata dall'alito del dolore. E il fantasma di noi stessi, evocato da labbra ignote, fugge tacito fra muraglie di tenebre, cennandoci perchè lo seguiamo.
L'originalità di Edgar Poe è indiscutibile. E, tuttavia, fu completamente ignorata dagli americani di quei tempi, nè valse a evitare al poeta maledetto la taccia di plagiario: vano tentativo di pigmei desiderosi di dar lo sgambetto a un gigante.
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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore 1924
pagine 58 |
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