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      Ma ben soggettivo, ben scaturito dallo stesso allucinato cervello di Poe è il terrore, espresso nelle sue migliori novelle. È Poe, veramente Poe il protagonista del Convegno e di Silenzio e di Ombra e di Morella e di Berenice e di Ligeia e della Rovina della casa Usher: novelle, che rappresentano tragedie interiori, stati d'animo sotto l'ossessione della grande nevrosi. E L'uomo delle folle non è, forse, Poe, Poe in persona, che segue sè stesso, e inutilmente, per scuoprire la segreta faccia del proprio tormento? E William Wilson, l'opera più soggettiva fra tutte, non è l'esasperata raffigurazione della tragedia, che squassa l'anima dello scrittore? In William Wilson, però, l'ossessione diventa così intensa e così intollerabile, da dar luogo a un violento gesto liberatore, a un impulso omicida che sopprime, sì, l'incubo, ma nel medesimo istante sopprime anche la terrorizzata vittima di questo. Siamo giunti, così, alle novelle più parossistiche, nel buio regno del demone della perversità. Il terrore si è trasformato in orrore e la tragedia intima, tuffandosi nel sangue, è divenuta tragedia esterna.
      Poe, anche qui, non dimentica d'essere un autore americano. Stimolato dal desiderio di analizzare e di rendere evidenti, reali, quasi palpabili i fantasmi della sua anima allucinata, egli s'addentra a spiegare in che consista questa perversità, a definire con precisione quasi scientifica questa forma di nevrosi come uno stimolo prepotente e invincibile, che costringe a compiere un'azione appunto e solo perchè quest'azione non dovrebbe esser compiuta.


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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore
1924 pagine 58

   





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