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      Una melanconia amara, velata fra trame di sorrisi, inspira Il filosofo Bon Bon, Miss Psiche Zenobia e una gran parte dei Marginalia. E un'ira, mal rattenuta sotto la maschera sghignazzante, arde in novelle come Quattro bestie in una, Il diavolo nel campanile e Discussioncella con una mummia.
      Ma Poe trova in altre opere la maggior espressione del proprio umorismo di lirico. Egli è come un viandante, che proceda nell'afa meridiana. Attorno al pellegrino la terra, riarsa, apre innumerevoli bocche, mostruosamente scontorte, per tentare un respiro multiplo, che allevii il soffocamento, o, forse, per chieder pietà: e le erbe son fulvo pelame, rastrellato e schiacciato contro il suolo dal pettine dell'estate; e le piante mostrano il desolato scheletro dei rami scricchiolanti sotto la stretta del sole. Il viandante, quasi abbacinato, si avanza. Ha gli sbarrati occhi della paura, ha i tesi nervi dell'incubo. Che cosa riluce dovunque, nel cielo e sui campi? È sabbia o è polvere d'oro? E questo esasperato stridìo, che si diffonde dovunque, nell'alto e nel basso, è frinir di cicale o è la stessa ebra voce dell'ora cocente? Ma ecco. Da un invisibile gigantesco vulcano traboccan, laggiù, nembi tenebrosi e scaglian violenti la lor tetra ovatta a riempire dapprima l'orizzonte lontano e, poi, tutta l'affocata cupola di quel frammento di mondo. Nel buio, striato da lampi, le cicale tacciono: ma le bocche, aperte nella terra, si dilatano ancor più, sempre più mostruose, a implorare un sollievo per l'inestinguibile sete.


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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore
1924 pagine 58

   





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