Quante affinità, nella vita e nell'arte, fra i due scrittori! E tuttavia il poeta americano, genio più vasto, lasciò anche nella lirica pura, a differenza dell'irrimediabilmente amaro Villiers, una traccia indelebile.
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Come nelle migliori novelle, così nelle poesie di Edgar Poe il vero protagonista è sempre lui. Anche qui, nella lirica, domina la grande nevrosi, col suo strascico d'incubi e di terrori. E, accanto al poeta ossessionato e allucinato dallo spetro della morte, riappaiono le evanescenti figure delle sue eroine predilette, di quelle donne che, pur chiamandosi con i diversi e armoniosi nomi di Ligeia, Berenice, Ulalume, Lenora, Annabel Lee, riproducono sempre un'unica donna illuminata dal più puro amore e idealizzata dall'inesorabile morte. Poe lirico deve esser collocato a fianco di Leopardi, poichè entrambi hanno cantato, come nessun altro, il dolore senza speranza e lacrimato con spasimo uguale per la misteriosa legge, che dà profondità all'amore solo a traverso la morte.
L'amore, sulla terra, è impossibile, piange Poe nella lirica Annabel Lee, inspirata dal ricordo di Virginia, la sororale sposa scomparsa: è impossibile, poichè gli stessi angeli del cielo, invidiosi di questa felicità umana, si affrettano a troncarla:
Or sono molti e molti anni
- in un reame accanto al mare -
una fanciulla viveva,
che forse voi conoscete,
di nome Annabel Lee;
e la fanciulla vivevacon quest'unica sete
di amaree d'essere amata da me.
Bimbi eravamo in quegli anni
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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore 1924
pagine 58 |
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