In quei casi c'è da temere che, anziché sputi, piovano creature umane sul malcapitato viandante.
Su tutte le porte stanno crocchi di donne e di vecchi a ingombrare il già angusto cammino, quelle coi loro volti infuocati e il corpo grasso e floscio, questi rugosi e pieni di bitorzoli e di malignità. Qualche giovinastro, in maniche di camicia, talvolta a piedi nudi e in maglia, passa lentamente, le mani in tasca, si ferma vicino a qualche gruppo, fa strillare una donna, poi s'allontana dondolando il corpo. In mezzo a tutto quel chiacchierio di comari disoccupate c'è ancora posto per il frastuono e per le strida di un'orda di bambini, sudici, spettinati, le femmine in gonnella e camicetta; i maschi coi pantaloncini a brandelli e il viso petulante di piccoli birbi. Questo sciame irrequieto di piccini corre, salta, s'insinua fra le vostre gambe, vi fa cerchio intorno cantando, vi assorda con le vocine acute, vi schiamazza vicino senza il minimo rispetto per la vostra età e per la vostra posizione civile, se pur ne possedete una. È il sorriso della miseria. I bambini d'oggi saranno, forse, domani i candidati alle patrie prigioni. Che importa? Intanto scherzano e ridono e danno un po' della loro luce e della loro gioia febbrile a un quartiere maledetto.
Questa è la popolazione tumultuosa, irregolare, fantastica di quei luoghi. Fra quegli uomini pochi sanno quale sia il loro vero mestiere; di quelle donne molte non giurerebbero di poter schivare l'ospedale e la prostituzione. Più in giù, in un ambiente meno sporco e più luminoso, vivono gli onesti tramagnini del teatro Carlo Felice.
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Carlo Felice
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