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      Il vecchio Storno si era alzato, barcollando, e si era dato a una fuga pazza e disordinata, le braccia stese innanzi, gli occhi impietrati in un'espressione di profonda paura.
     
      III
     
      La danza dell'acquavite
     
      Quella risata sinistra lo aveva sconvolto, ricordandogli, come nel barbaglio di un lampo, quella udita nella notte dell'assassinio, e lo aveva punto a guisa di staffilata, obbligandolo a correre senza meta, con le gambe un po' tremanti per l'età e l'acquavite bevuta, per le strade di Genova. Qualche giovanotto, attardatosi in gruppo nei discorsi notturni sulla piazzetta di Ponticello, vide passare come una apparizione la fantastica figura del robusto vecchietto, spaurì innanzi a quel viso sconvolto dal terrore, seguì con occhio inquieto e curioso il rapido allontanarsi, su per vico dritto di Ponticello, di quel corpo cacciato innanzi dal più insano spavento.
      Lo Storno non seppe mai spiegarsi in qual modo giunse in cima alla salita della Fava Greca, sbattendo contro i muri, pericolando a ogni istante sulle gambe malferme, gettando di quando in quando un grido gutturale, una specie di urlo bambinesco e monotono. Arrivato ai confini del misterioso quartiere, da noi più sopra descritto, egli si arrestò, appoggiandosi al muro di una casa. Sotto di lui la ripida salita si sprofondava nell'ombra; ai suoi fianchi i due tronchi del passo delle Murette si allungavano, qua e là chiazzati e interrotti da un bagliore di gas, nel resto sepolti entro golfi di tenebre.
      Il vento aveva ripresa la sua furia di prima.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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