Poi scattņ in una risata, alla quale fecero coro due o tre monelli dal visetto arrogante volto in su in aria curiosa e impertinente. Ma Storno non badņ loro e proseguģ gił per vico dritto di Ponticello.
Tutta quella luce sbiadita dava ad entrambi un gran sonno.
Giunsero innanzi a un portico buio, salirono qualche scaletta sporca e angusta, ove i gradini rovinavano e si perdevano sotto un tappeto di immondizie.
Nella camera di Storno c'era ancor buio. La piccola finestra si apriva sopra un cortiletto profondo, incassato fra le muraglie dell'edificio. A mala pena una bianchezza tentava di infiltrarsi dall'alto a illuminare leggermente qualche angolo della stanza.
Il letto del vecchio si componeva di due spalline di ferro lavorato grossolanamente, sostenenti tre assi, sulle quali si stendevano un materasso battuto, pieno di foglie secche, e un lenzuolo rappezzato qua e lą e ruvido al tatto.
Qualcuno russava nell'ombra di un angolo. Ma i due sopravvenuti non badarono a quel rumore.
Nč il vecchio ne la donna avevano, ora, volontą di parlare.
Il sonno si era sostituito all'eccitazione dell'alcool e costringeva le loro teste a ballonzolare sul petto e i corpi ad abbandonarsi per terra. Ebbero appena il tempo di riconoscere la stanza e il letto.
Dopo un minuto due corpi giacevano immobili sul pagliericcio.
La donna dormiva raggomitolata su sč stessa, con la testa sul ventre del vecchio. Costui, il volto girato al soffitto e allietato da uno strano sorriso, dolce e tranquillo, teneva una mano posata leggermente sui capelli disfatti della sua nuova compagna.
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Storno Ponticello Storno
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