— Sei una canaglia! Due ore fa, ti avrei ammazzato. Ora, mi contento di dirti questo: Se ti vedrò ancora gironzolare intorno a questa casa e intorno a Scarpette ti fracasserò il viso coi pugni. Canaglia! Canaglia!
L'adolescente si era fatto livido sotto la sporcizia del volto. Tuttavia, tentò di parlare.
— Sciocchezze!, borbottò; credevo che non avreste trovato niente a ridire. Che c'è di male, poi...
Ma Storno lo interruppe violentemente:
— Non dire più una parola. Il sangue mi monterebbe alla testa. Vattene, prima ch'io ti ammazzi! Canaglia! Birbante!
Lo lasciò libero. Pipita si rialzò barcollando e uscì con le labbra contratte dall'ira con una minaccia negli occhi.
Passò qualche giorno. La signorina Scarpette aveva ripresa la vita di prima, senza mormorare. Il Pinzi, ora, per paura di vederla fuggire un'altra volta, le aveva aperte le proprie braccia, facendo uno strappo alla coscienza, e passava le notti con lei, nello stesso lettino. Una mattina, appena svegliata, Scarpette gli chiese:
— Senti! Ho bisogno del tuo aiuto. Quell'uomo dal testone e dai capelli rossi sa dove si trova mia figlia. Voglio riuscire a rubargli il segreto; ma da sola non posso. Mi aiuterai?
— Sì, le rispose il filosofo. Ma io solo posso far poco.
— Chiedi il soccorso di qualcuno, tu, che conosci tante persone influenti! Ma bada che le forze di quell'uomo sono enormi.
Pinzi si fece pensieroso, poi mormorò:
— Ne voglio parlare al Circolo dei Nauseati. Sono tutti miei amici, e poi hanno molta influenza nella stampa.
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