Articolo secondo. La libertà più completa di azione e di pensiero è ammessa fra i componenti la società.
Articolo terzo. Nessuna donna potrà avvicinarsi al circolo, se non sarà da tutti debitamente riconosciuta come a sufficienza nauseante fisicamente e moralmente».
Con tali principii il Circolo poteva augurarsi lunga vita. Fra i soci erano un disegnatore, che tutti conoscevano sotto lo pseudonimo di Trincia, buon diavolaccio, abbastanza esperto nel suo mestiere ma guasto dal troppo attaccamento alle donne e dall'indolenza congenita, e un sedicente anarchico, pericoloso tutt'al più per le mosche, vivente coi danari che la famiglia, mensilmente, gli inviava e che egli divideva con una prostituta del luogo. Fra tutti si distinguevano due, giornalisti entrambi e molto considerati e influenti. L'uno dei due si chiamava Giorgio Perroni, amabile convitato e squisito poeta dal fisico attraente e simpatico di uomo grasso e gioviale.
L'altro era uno straniero naturalizzato, il viscontino Adriano De Sorenny, un tipetto grottesco e ricercato dai vestiti bizzarri e dal testone di adolescente precocemente in sviluppo.
Nell'insieme quella compagnia avea l'aspetto di una macchia d'inchiostro sovra il terreno oleoso dell'ambiente.
La curiosità la aveva attirata al «Catenaccio», l'abitudine la tratteneva. Tutti, ormai, lì dentro, conoscevano quegli allegri compari, ai quali soltanto la mancanza di volontà faceva continuare un genere di vita non adatto al loro ingegno e alle loro attitudini naturali.
| |
Circolo Trincia Giorgio Perroni Adriano De Sorenny Circolo
|