Più tardi, verso i sette anni, Augusta e la mamma si recarono ad abitare in Monaco, in un magnifico appartamento signorile arredato col maggior lusso. I due sposi si erano riconciliati in apparenza e, tranne di quando in quando, vivevano in una calma relativa. Da certe parole della mamma Augusta aveva compreso, però, che la pace era soltanto transitoria e dovuta esclusivamente all'agiatezza, che il negoziante aveva loro procurata. Di costui essa ricordava il viso buono e le espressioni dolci, che usava con lei, allorchè, per brevi momenti, poteva farsela sedere sulle ginocchia e divertirla con dei giuochi e delle carezze.
Egli aveva sempre l'aria triste e rassegnata, nè osava sorridere quando c'era la moglie presente. Solo allorché si adirava prendeva un aspetto selvaggio e spaventoso, il volto acceso da una vampa di sangue, gli occhi fissi con un'espressione selvaggia d'odio in quelli della moglie. Poi tornava più melanconico di prima e per qualche giorno non si lasciava vedere.
In casa affluivano molte persone, che, ogni sera, riempivano i saloni con le loro chiacchiere e col loro movimento.
A quanto poteva ricordarsi Augusta, a quell'epoca i frequentatori erano tutti uomini d'affari e negozianti, che venivano a intavolare discussioni sulla rendita e sul prezzo delle mercanzie.
Portavano con sé le famiglie, lasciando che le donne facessero circolo intorno alla padrona di casa, mentre i bambini, guidati da Augusta, scendevano in giardino a correre e a scalmanarsi. La madre della nostra protagonista si trovava, allora, nel fiore dell'età. Era una bella donna sui venticinque anni, bianca di viso e bruna di capelli, alta e slanciata, e dotata dalla natura di un magnifico paio di occhi azzurri.
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