Era il grande amico di Augusta, che si divertiva a far ballare sulle proprie ginocchia e alla quale portava spesso dolci e giocattoli. Quello strano individuo vestiva, di solito, con una eleganza stravagante, i calzoni strettissimi e la giacca carica di bottoni lucenti; ma qualche volta si vedeva entrare tranquillamente nel ricco salone con indosso un abito vecchio e stinto, ove il suo corpo sembrava insaccato, e con un grande fazzoletto a quadretti rossi e turchini intorno al collo. Nessuno si meravigliava di quella stranezza; anzi, la signora Sofia per la prima lo complimentava pel suo buon gusto con una deferenza, nella quale si indovinava un certo timore.
Il sarto si chiamava Maglino, passeggiava col suo costume di povero tra quei signori eleganti, muovendo il viso in smorfie grottesche, per fermarsi poi innanzi ad Augusta ad aprire la bocca a una larga risata, che scavava ancora pił le gote e metteva in evidenza due file di denti neri e sminuzzati.
Fra i frequentatori del salone molti erano assidui, alcuni scomparivano a un tratto per non pił tornare, altri si mostravano di quando in quando come fossero invasi da una grande furia e da un desiderio strapotente di movimento.
Ogni sera quegli uomini cambiavano fisionomia, tra la calma manierata delle donne, ed or si mostravano infuocati in viso, agitati da impazienza, or cupi e chiusi in una grande tristezza, ora rumorosi e chiassosi. Le sorti del giuoco li tenevano nel loro imperioso dominio e muovevano quelle membra e quelle anime a loro volontą.
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Augusta Sofia Maglino Augusta
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