Sentiva, quasi incoscientemente, che sotto quella bizzarria di modi e quel cinismo di frasi si celavano un cuore buono e un'anima generosa.
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Nelle campagne liguri
Un giorno avvenne un gran cambiamento nella vita di Augusta. La madre la portò con se ad abitare un grazioso villino, sperso fra i boschi, che circondano il paesello di Ruta.
Partirono di notte, quasi fuggissero un ignoto pericolo. Alla stazione di Monaco c'era Maglino, il sarto, ad attenderle. Aveva il volto rabbuiato; quanto alla signora Sofia, essa mostrava i segni della più grande inquietudine. Maglino le rivolse qualche frase sottovoce, poi la fece entrare in fretta in uno scompartimento del treno e le pose allato Augusta, dopo averla baciata.
Il treno partì, si perse fra le tenebre. Durante il viaggio la signora Sofia non disse una parola, ma tenne sempre il volto chino verso il pavimento. Anche nella carrozza, che le attendeva per condurle a Ruta, essa conservò il suo mutismo. Soltanto nel passaggio da un treno all'altro, a Genova, lasciò sfuggire una frase: — Bambina mia, che sarà di noi!
Infine, si trovarono installate nella nuova dimora, ove, pochi giorni dopo, venne a raggiungerle il Maglino, che non si dipartì più da quella casa se non per brevi assenze. A poco a poco la signora Sofia aveva riacquistata la calma e ricominciava a sorridere e a chiacchierare. Essa non vedeva nessuno, tranne il Maglino, la persona di servizio e qualche contadino dei dintorni. Non usciva mai di casa e passava le ore immersa nella lettura o in muta contemplazione, il corpo abbandonato sovra una poltrona, innanzi al magnifico cielo ligure e al folto spiovere dei boschi sulle colline, che finivano dolcemente sulla riva del mare.
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