Augusta si era adattata facilmente al suo nuovo genere di vita. Essa occupava il tempo in gite fatte in compagnia di Maglino o nell'imparare dalle labbra di lui ogni genere di cognizione. Quel regime doveva irrobustirla moralmente e fisicamente. Infatti a quindici anni essa era una ragazza sviluppata, un po' magra, ma dalle forme sapienti di donna. Inoltre, il suo cervello aveva rapidamente assimilata l'istruzione, impartitale dal sarto, il quale si era dimostrato dotto e paziente nella sua parte di maestro.
Quei meravigliosi paesi, a traverso i quali la faceva passare Maglino nelle gite quotidiane, non stancavano mai la vista e la curiosità di Augusta.
Essa non si saziava di ammirare il bellissimo verde dei boschi ondulati in colline e l'azzurro del mare e la limpidezza del cielo. Spesso prorompeva in esclamazioni di meraviglia, che la dimostravano capace di comprendere e di sentire profondamente le espressioni della bellezza.
Una mattina, in cui ricorreva il compimento dei suoi quindici anni, Augusta si trovava seduta a fianco del sarto sovra la vetta di un colle, che dominava il seno di Portofino. Erano entrambi assorti in una muta contemplazione e nulla veniva a stornarli dalla loro ebbrezza estatica, tranne di quando in quando il belato di qualche capretto o il richiamo lontano dei pastorelli, spersi fra il folto dei boschi. Il Maglino, però, mostrava nei gesti una certa preoccupazione. Egli guardava di tratto in tratto il viso della bambina e cacciava fuori dei poderosi sospiri accompagnati dalle smorfie più comiche delle labbra.
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