Poteva avere venticinque anni, ma ne dimostrava trentacinque.
Augusta simpatizzò subito con quella creatura, indovinando in essa un doloroso mistero.
Trascorse un mese, durante il quale l'amore si era sempre più fatto violento nella fanciulla.
Essa non osava parlare di matrimonio a Dario, poichè sapeva che bisognava evitare ogni pubblicità; ma talvolta si domandava con terrore quale sarebbe stata la sua vita avvenire, se lo sposalizio si fosse reso impossibile.
L'amante la lasciava sola per ore e ore, poichè occupatissimo nei suoi affari; d'altra parte essa notava in lui una certa espansività studiata, resa ancor più incresciosa da qualche lampo sincero di malumore, che di quando in quando veniva a solcare il loro cielo amoroso. Ne potevano distrarla dai suoi tristi pensieri la lettura o la compagnia della cameriera, poichè l'una non riusciva che ad immergerla vie più nella sua malinconia e l'altra si limitava a rispondere con monosillabi e con occhiate umili alle sue molte domande.
Dalle finestre di casa sua Augusta vedeva il fervore del movimento in piazza Banchi e nelle adiacenze della Borsa. Ma questo svago le riusciva pesante ed increscioso, poichè essa non sapeva trovare alcun interesse per quella continua agitazione di uomini, sui volti e nei gesti dei quali nulla si sarebbe potuto leggere, se non la sete del guadagno e il parassitismo abitudinario dell'oro. Talvolta Dario le faceva ammirare con una certa compiacenza quell'ambiente, che lui chiamava il cuore di Genova. Egli si dilungava in grandi elogi per la strategia degli affari, ch'era una vera guerra ad imboscate e trabocchetti, ove occorreva per vincere, molto ingegno e volontà di ferro.
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