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      Esse sapevano che un solo istinto, oltre quello del guadagno, era rimasto intatto in quei cervelli, la sensualità volgare dei bruti.
      La donna, dopo l'oro, poteva servire da meta, e formare il secondo piattello di quella spaventosa bilancia, che porta da un lato mucchi di denaro di continuo rinnovantisi e dall'altro l'emblema delle Veneri mercenarie.
      A un tratto un uomo esclamò:
      — Al diavolo gli affari! Pensiamo, adesso a divertirci! Camerieri, Champagne!
      In un momento la sala risuonò di detonazioni, la tavola si bagnò di quella bellissima spuma, che esce dalle bottiglie della vedova Cliquot.
      Renzo Sergenti si era fatto sempre più ardito. Egli, adesso, teneva un braccio intorno alla vita di Augusta, che si lasciava cullare in quella beatitudine, prodotta dal vino e dal rumore.
      Il Sergenti colse l'istante opportuno, in cui il volto della ragazza esprimeva il maggiore abbandono, per sussurrare all'orecchio di costei qualche frase decisa.
      Essa ebbe un sussulto e tentò di liberarsi dal braccio del Sergenti. Ma costui non lasciò la sua preda e continuò ad insistere con voce resa un po' imperiosa dalla facilità della situazione.
      — Vuoi, Augusta, vuoi? Che t'importa? Nulla ti obbliga ad un fedeltà ridicola, che da parte sua il Cerruti non pensa menomamente a rispettare.
      — Che dice? Non è vero! Dario mi ama.
      — Si? Non lo credo. Dario stesso mi ha incaricato di corteggiarti!
      La rivelazione era spaventosa. Augusta si guardò attorno. Aveva un gran desiderio di urlare, di schiaffeggiare quell'uomo, che calunniava il suo Dario.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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