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      Il Cerruti si lasciava vedere ogni giorno, dava ordini imperiosi, poi usciva senza neanche guardare la ragazza. Egli diveniva sempre più stizzoso e intrattabile e se qualche volta lasciava cadere lo sguardo su Augusta, la agghiacciava di spavento, tanto odio vi spirava entro.
      Più volte l'idea del suicidio si era affacciata alla mente della ragazza. Ma costei la respingeva sempre con una specie di paura superstiziosa. Tre mesi trascorsero, durante i quali il carattere di Augusta si era trasformato sempre più. Essa non ricordava più le schiette risate di una volta, ma triste e pensierosa passava le sue ore a meditare sulla situazione orribile, che l'amante le avea procurata. Un giorno, mentre pensava con dolore al povero Maglino, che, ora doveva averla dimenticata, ebbe un improvviso capogiro e cadde rovescia sul pavimento. La cameriera fu pronta a soccorrerla. All'orecchio di costei, tremando, Augusta mormorò, appena rinvenuta:
      — Ho paura di essere gravida.
      Qualche cosa si era mossa nel suo ventre e la aveva avvertita che la sua sciagura doveva ancor maggiormente aggravarsi.
      Anche a Dario essa volle subito confessare il suo stato, sperando, forse, che un improvviso intenerimento lo riavvicinasse a lei. Ma costui le troncò ogni illusione, sogghignando:
      — Ah, già! Era prevedibile! Un figlio del Sergenti, dunque? Le mie congratulazioni!
      — No, no, volle singhiozzare Augusta. È tuo, è tuo!
      — Eh via! A chi vuoi farla intendere? Sai bene ch'io sono impotente!
      Tuttavia, parve che il Cerruti prendesse un atteggiamento più umano in presenza della sua vittima.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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