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      Aveva le braccia nude e le gambe coperte da calze di seta bianca, trapuntata, che superiormente si nascondevano sotto un paio di mutande larghe, di color verde come l'abito e com'esso terminanti in una nube di pizzi. La forma fine dei piedini era racchiusa in un paio di scarpette basse, allacciate alla greca, con doppio giro di nastri verdi e adornate da borchie d'oro e da due tacchi esageratamente alti e resi più sonori dai cerchietti d'oro, che li circondavano.
      Al suo apparire sul piccolo palcoscenico tutti gli astanti la salutarono con un grido d'ammirazione. Poche volte il «San Martino» aveva visto una bellezza così delicata e un così elegante abbigliamento.
      Gli avventori del locale si erano alzati in piedi e si accalcavano sotto il palcoscenico per meglio contemplare quel miracolo di grazia e di buon gusto. Qualcuno, che aveva indosso mazzetti di viole, li buttò ai piedi della nuova cantante.
      Augusta, un po' commossa da quell'accoglienza e più ancora soffocata dall'alito caldo e pregno di fumo, che saliva dal caffè, attese che il direttore d'orchestra le facesse segno, poi cominciò la sua arietta, dapprima con una certa difficoltà, riprendendo in seguito il suo sangue freddo.
      Non aveva una voce molto sonora, ma compensava il difetto con la grazia dei gesti e la giustezza dell'intonazione. Essa fu la trionfatrice della serata. Da un angolo del Cafè Enrico Verdugos la contemplava, lieto dell'opera sua e meravigliato di scorgerla sotto un aspetto nuovo e seducentissimo. Ad un tratto, mentr'essa batteva sonoramente l'assito del palcoscenico, un grasso uditore, dal volto spelato e dagli occhi tondi e a fior di testa, esclamò:


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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