Aveva finito con l'incontrare il vecchio Storno e gli si era attaccata come una figlia al padre per una reminiscenza di tenerezza, che la aveva presa a guisa di malattia. Ora, viveva felice tra le cure amorevoli dello Storno e del Pinzi.
Allorchè la signorina Scarpette ebbe terminato il racconto della sua vita, che avea durato diverse sere, vide intorno a sè i volti dei componenti il Circolo dei Nauseati mossi dalla più grande compassione.
Specialmente Giorgio Perroni e il De Sorenny davano segni manifesti di simpatia e di pietà. Ogni leggerezza di pensiero era sfumata da quei cervelli, abituati fino ad allora a considerare la vita come un trastullo.
In contatto rude con la realtà tutti quegli animi si accendevano, oppressi dal triste racconto e in pari tempo entusiasmati per la loro nuova missione.
Tutti alzarono la voce chiedendo che venisse accettato il loro aiuto.
Giorgio Perroni li calmò dichiarando che in imprese, come quella affidata loro da Augusta, era meglio esser pochi, che molti, trattandosi di cosa segreta.
Nella loro inesperienza giovanile i signori Nauseati non avevano pensato, però, che i loro discorsi potevano venire intesi dai vicini di tavolo. Fu il Pinzi che li fece riflettere a questo, ottenendo l'approvazione del Perroni.
Fattosi un po' di silenzio, costui rivolse ad Augusta una domanda:
— Perdonate. Vorrei sapere ancora qualche cosa. Avete più notizia del Cerruti?
— Sì. Un giovanotto, un certo Pipita, stava per darmi l'indirizzo di colui ch'io credo sia il mio antico amante, quando è sopravvenuto un incidente che mi ha impedito di udirlo.
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