Il Pinzi, sentendo parlare di Pipita, si era un poco adombrato. Tuttavia, spiegò al Perroni come era andata la faccenda. Costui dichiarò:
      — Bisogna, innanzi tutto, parlare con questo Pipita. Il Cerruti, temo, avrà cambiato nome.
      — Ma Pipita ci sarà contrario, fece osservare il Pinzi.
      — Non importa. Un po' di denaro basterà ad aprirgli le labbra. Per ora togliamoci di qui. D'ora in poi il Circolo dei Nauseati non ha più ragione di esistere. O, per lo meno, io rassegno le mie dimissioni.
      — Ed io ti imito, aggiunse Adriano De Sorenny.
      Gli altri si guardarono in faccia, poi dichiararono che si trovavano d'accordo con le intenzioni del Perroni.
      Uscirono tutti insieme dal «Catenaccio», e Giorgio Perroni accompagnò sino a casa Augusta, che si trovava con lo Storno e col Pinzi.
     
      XVII
     
      Coltellate nell'ombra
     
      Il domani, per tempo, il Perroni ebbe un colloquio lungo con Augusta. Si posero d'accordo sui mezzi di scoperta, deliberando di cominciare con l'interrogare Pipita, impresa non troppo facile e che il Perroni si assunse completamente. Nel partire costui non potè trattenersi dal dire a quella donna:
      — Signorina Scarpette, io vi ho conosciuta già, quando cantavate al «San Martino».
      — Davvero?, gli chiese Augusta incuriosita. Non ricordo! Ho viste tante persone!
      — Sì; avevo allora diciott'anni. Voi eravate bellissima ed io vi amavo, in silenzio, s'intende. Avrei potuto possedervi, ma non volli, perchè sapevo di prendere il vostro corpo e non il vostro cuore.
      — Raccontate, Giorgio!
      Augusta aveva già assunta molta famigliarità col Perroni, nè si peritava di chiamarlo col suo semplice nome di battesimo.