Giorgio la guardò in viso, poi abbassò gli occhi pensieroso. Una idea molesta gli aveva attraversato il cervello.
Se quella donna, ancor bella e aggraziata, avesse mentito? Se fosse l'amante del vecchio Storno? O piuttosto del Pinzi? Provò un movimento di ripulsione, presto soffocato dalla gravità del suo impegno presente.
Si accomiatò cordialmente da Augusta, promettendole di porsi all'istante alla ricerca di Pipita.
Ma il ciccaiolo era introvabile. Nessuno lo aveva più visto da molto tempo. Come fare? Il Perroni prese tosto una deliberazione e si recò a consultare la lista dei negozianti ed affaristi genovesi. C'erano un duecento Cerruti e nessun Dario. L'ombra diveniva sempre più densa e insondabile.
Trascorsero così quattro giorni in vani tentativi. La mattina del quinto giorno Giorgio Perroni ricevette una lettera, proveniente dalla città, e nella quale erano scritte le seguenti parole:
«Signore, un amico sconosciuto la avverte ch'ella si trova in grave pericolo al presente. Se continuerà le sue ricerche su chi ella sa, dovrà, probabilmente, subire, insieme ai suoi amici, le conseguenze disastrose della sua imprudenza.»
Naturalmente il foglio non era firmato. Il Perroni lo rivoltò in tutti i sensi, ne potè riuscire a scoprire qualcosa in quel mistero di frasi. Non c'era dubbio sovra un punto solo e cioè sulla provenienza della lettera.
Il Dario Cerruti stesso, avvertito delle manovre dei suoi attuali nemici, lo aveva scritto o fatto scrivere, inviandolo poi come un avvertimento ed una minaccia?
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