Questa è la sua arma più terribile di difesa. Là, ove Genova tenebrosa si rivelerebbe, essa si salva. Perciò, non persiane chiuse e visetti impomatati di donne o movimento febbrile di affaristi; ma il silenzio e la tranquillità.
Solide pareti e cantine profonde, che attutiscano gli schiamazzi, o apparenza di feste decorose, sotto la quale si celi l'orgia più sfrenata: questo occorre a un ambiente, che si è fissate per scopo le maggiori mostruosità dei sensi e le arti più brutali o più raffinate degli istinti e dell'intelligenza.
Delineiamo sin d'ora le località, nelle quali condurremo il lettore, avvertendolo prima di non raccapricciare se il nostro quadro sarà troppo ripugnante. Coi nostri occhi abbiam potuto constatare la dolorosa verità di tutto ciò, che esporremo.
Tre sono, i posti, nei quali si svolgono certe scene, che ricordano le famose tregende medioevali: una taverna, un palazzo e una casa di campagna.
Soltanto, invece di vasi di unguento e di visi diabolici, in questi moderni ritrovi del canagliume aristocratico o popolano si osservano soltanto visi lividi e sbiaditi e mani contratte e sogghigni, che sanno di malizia e di scherno ad un tempo.
La taverna è posta in un quartiere di marinai, vicina al Mandraccio, all'angolo di due vicoli stretti e bui. Essa ha l'apparenza tranquilla di un ritrovo di buontemponi o tutt'al più di ubbriachi.
Solo, la grande stanza a pianterreno, che serve di ricettacolo agli intrusi ed ai bevitori indifferenti, ha una porta nascosta di comunicazione con una scaletta ripida, che si sprofonda sotterra.
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Genova Mandraccio
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