Per essere più precisi, in questo esempio assumeremo il tono famigliare della prima persona singolare, come se qualche amico raccontasse, in vece nostra, l'avventura:
Una sera, in teatro, essi attirarono i miei sguardi. Li indovinai subito sposi da poco tempo.
Lui era un omaccione apoplettico con due occhietti grigi e senza espressione, il naso grosso e i baffi lunghi, spioventi sulle labbra. Lei, il rovescio della medaglia. Una figurina delicata dalla pelle bianca e fine di madonna preraffaellitica. Aveva i capelli di un biondo chiaro e gli occhi azzurri limpidissimi. Un tipo russo, come io immagino le donne russe dell'aristocrazia.
Il mio pensiero rimase subito dolorosamente colpito dal contrasto di quei due esseri. Nella noia del solito spettacolo e anche per un mio irresistibile bisogno di costruire castelli in aria sovra avvenimenti e oggetti di poca importanza, cominciai a far lavorare la fantasia nell'edificazione di un romanzo, che allora non supponevo vero. Pensai ch'egli fosse molto ricco, un negoziante probabilmente. Aveva trovata quella ragazza in qualche povera famiglia decaduta, gli era andata a genio, la aveva fatta sua con la forza del danaro.
Immaginavo l'angoscia di quella fragile creaturina, che si sapeva venduta come una qualsiasi mercanzia ad un uomo così volgarmente grossolano. Li vedevo entrambi nella loro prima notte di nozze, lei piangente, spaurita come una bambina, lui brutale, avido di godere quella verginità deliziosa, di stringere sul suo petto in un abbraccio feroce quel corpicino di santa.
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