Mi sembrava che le braccia pelose di quell'uomo, in quel momento, avessero dovuto somigliare alle zampe lunghe e irte di peli di un enorme ragno. Quale tela più vischiosa e più tenace del danaro?
Egli, il bruto ricco, con la sua pancia lucida e gonfia, aveva attesa la preda pazientemente, l'aveva sentita dar di capo nella sua trama, dibattendosi disperatamente nei fili argentei, ed era accorso subito, con la bocca bavosa, a coprire con le sue membra ributtanti quelle delicate e bianche della povera mosca.
E in seguito? Lo strazio del contatto continuo, l'impossibilità di sfuggire alla disaggradevole comunanza di vita, di scansare le parole lubricamente dolci, mormorate in letto da quelle labbra ingombre dai baffi, di sottrarsi a quei baci forti e golosi, che dovevano produrle l'effetto di ventose avide di sangue.
Tutto ciò io pensavo con orrore e ricordavo la frase di quell'altra mosca, da me conosciuta qualche tempo prima, che mi confessava ogni amplesso del marito sembrarle uno stupro. Che il mondo dovesse continuare così per un pezzo? La lussuria grossolana da una parte, dall'altra la timidezza della donna, sottoposta da secoli alla schiavitù sessuale. E su tutti l'enorme rete dell'oro, la trappola alla vergine, la caccia spietata fatta dai grossi cani ringhiosi o dai piccoli buldog ripugnanti.
La società era divisa in due campi: da un lato le vittime, dall'altro i ragni, fossero questi vecchi rammolliti o giovani idioti. Come spettatori e, talvolta, a raccogliere le briciole della tavola, i poveri, i bisognosi, poeti, impiegati e miserabili.
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