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      La stanza aveva una sola finestra, che dava sopra un giardino-terrazza, posto nell'interno dell'edificio e diviso in due da una cancellata. Il giardinetto apparteneva agli inquilini del primo piano e, nella parte che sottostava alla finestra del Perroni, esponeva alla vista di costui una serie di grandi vasi, nei quali si alternavano i rosai, i gerani e i convolvoli. Il Perroni rimaneva spesso per ore e ore appoggiato al davanzale, vagando melanconicamente con l'occhio per le finestre chiuse dell'edificio e per quel breve spazio di cielo, che era concesso alla sua vista. Una sola cosa turbava quel suo quieto e doloroso fantasticare, e cioè un bellissimo pappagallo, di quella razza americana rarissima a piume verdi e rosse, che troneggiava sopra una gruccia, posta nella terrazza sottostante fra un vaso di rose e uno spiovere di convolvoli. La bestiaccia pareva fosse stata allevata a bella posta per disturbare i vicini di casa, poichè non ristava mai dal cantare certe sue nenie puerili, inframezzandole accortamente con bestemmie e con pie invocazioni al cielo.
      Un giorno, mentre il Perroni contemplava il pappagallo con un misto d'amarezza e di rabbia, l'animale si pose a schiamazzare con una specie di risata sardonica e a gridare: Oh! Oh! Stupido! Stupido!... La stizza s'impadronì dell'animo del giovanotto, che, non badando più con chi aveva da fare, in un gesto incosciente e non trovandosi altro sotto mano afferrò gli occhiali a stanghette, che gli posavano sul naso, e li scaraventò sulla bestiaccia.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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