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      Lo trattenne nel gesto l'acuto odore di vino, che si sprigionava da Cicco. In quell'istante, udì la voce di Perroni, che beffardamente chiedeva:
      — Il signore vuol restituirmi gli occhiali?
      Il domani il pappagallo, rimesso completamente dall'ubbriachezza, riposava quetamente a una certa distanza dal balcone del Perroni.
      Ma questi non si diede per vinto. Attese ancora il mezzogiorno, poi formò con una funicella un abile laccio, che tentò di gettare sul malcapitato rampicante. Tre volte fallì il colpo; ma alla quarta il collo del povero Cicco, preso violentemente nel giro della corda, dovette subire le fasi della soffocazione. Bastò qualche strattone vigoroso a toglier la vita all'animale, prima che il suo padrone accorresse a salvarlo.
      Ma il Perroni, non contento della sua vendetta, volle lanciare abilmente ai piedi della gruccia un cartoncino, sul quale avea scritto in bel carattere: «Un pappagallo per un paio di occhiali».
      Rinunziamo a descrivere la collera dell'inquilino del primo piano innanzi alla vittima del giovanotto.
      Giammai papalina fece salti più prodigiosi per aria, giammai bestemmie maggiori vennero udite di quelle, che uscivano dalle labbra convulse del proprietario di Cicco. Infine, la rabbia si calmò e la papalina riprese il suo posto ordinario.
      Scorsero due giorni. Al terzo, Giorgio Perroni, dalla sua finestra, vide avanzarsi sulla terrazza il nemico, armato di un mastodontico trombone.
      Badiamo; non si trattava di un trombone da bandito, ma di un innocente strumento di ottone, lucido e rumoreggiante, delizia dei ciabattini e terrore degli scrittori.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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