Col mio soggiorno nel manicomio ho imparato una cosa, che farà stupire anche voi, Perroni, ma che ho bastanti prove per credere vera. E cioè, che se i matti sono molto unilaterali nel pensare e nell'agire, pure possiedono intuizioni profonde e meravigliose e giungono sovente con un salto là, ove i saggi a stento perverrebbero dopo molti anni di pene.
Ho inteso un demente svolgere le più ardue tesi psicologiche con la chiarezza e la cognizione, che un dotto può ottenere solo dopo una lunga esperienza.
Inoltre, ebbi lì dentro un amico poeta, cervello squilibratissimo e soggetto alle più strampalate smanie.
Egli, talvolta, la sera, nel cortile bagnato dai raggi lunari, a capo scoperto e con gli occhi assorti in estasi e fissi nel disco abbagliante, recitava i più armoniosi versi, ch'io abbia mai conosciuti.
Egli cantava e piangeva e pregava la luna con un fervore e una bellezza di espressioni, degni di un genio.
Seppi più tardi che finì pa[...] com'era vissuto, con sulle labbra un dolce distico virgiliano, troncatogli dalla morte. Povero fanciullone. Aveva gli occhi azzurri e innocenti e una voce tremula, che assumeva i toni più melodiosi. Lo udii spesso discutere con un altro demente, che si credeva versatissimo nelle scienze più astruse e che opponeva ai versi le equazioni e alle immagini i più bizzarri assiomi.
Ma non mi fermerò più a lungo su quel periodo della mia vita. Esso è ancora troppo fresco per me, sebbene siano passati molti anni da allora! Voglio, però, raccontarvi una stramba scena, che avvenne in quel ricovero e che sempre mi ricorderò, poichè credo si racchiuda in essa un significato misterioso e profondo.
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Perroni
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