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      Tuttavia, per quel bene, che ho potuto fare un tempo, chiedo grazia per la mia vita e prometto di farmi monaca, se il mio signore e padrone vorrà ascoltare la mia voce arrocata dai dispiaceri e dall'acquavite.
      Il vecchio pazzo stese la mano in un gesto di benedizione:
      — Buona donna, ritirati. Anche tu sei una vittima della malvagità umana. Si avanzò, allora, un giovanotto grasso e rubicondo, che portava sul petto un cartello, con su scritto in lettere cubitali: «Vino Chianti».
      — Signore, cominciò a parlare, qual mi vedete io sono un onesto fiasco di vino e vi prego di assaggiarmi, se le mie parole non trovano credenza in voi. Anch'io feci ogni sforzo per ottenere il favore degli uomini e per dissipare quell'umor nero, che ingombra la mente dei mortali. Ma, a differenza di Venere, non ebbi a subire le vicende della sorte, poichè mi vidi acclamato e benedetto presso tutti i popoli e in ogni tempo. Soltanto in questi ultimi anni gli uomini cominciarono a disprezzarmi e ad accorrere in quelle orribili liquorerie, ove si vende la morte in bicchieri microscopici e puzzanti di alcool. Le taverne più rinomate, ove un tempo suonavano gioconde canzoni e si radunavano i più eletti fra i mortali, sono, ora, frequentate soltanto da oscuri marinai o da donne imbellettate. Ahimè! Il disgusto mi chiude la bocca e mi obbliga a piangere e ad annacquare con le mie lagrime il puro frutto dei colli toscani. Signore, muovetevi a compassione e assaggiate il mio contenuto. Esso donerà in breve una piacevole allegria al vostro cervello e farà arrossire il vostro naso come una pudica fanciulla, che oda per la prima volta parole d'amore.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





Chianti Venere