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      — Via, via, lo interruppe il vecchio; ho inteso e vi prego di ritirarvi. Amo molto il vostro liquore e sarei il più pazzo dei sovrani se lo condannassi alla morte.
      Un terzo demente si fece innanzi. Aveva un'aria marziale e camminava battendo i tacchi e arricciandosi i baffi. Costui disse:
      — Buon vecchio, da lungo tempo io ti conosco, poichè ti ho inviati spesso dei messaggeri, uccisi dalle mie mani. Qua la mano e ricordati del prode cavaliere Bajardo, uomo senza macchie, se ne togli quelle, che le abitudini del campo segnano sovra i miei abiti.
      Tu non oseresti fulminare il dio della guerra, nè potresti mirare imperterrito la mia fine, poichè ben sai che senza di me nulla vali tu stesso in questo mondo. Chi ha difeso i tuoi unti, i monarchi della terra, chi ha prestato il suo braccio ai tuoi sacerdoti, chi odia più di me i sapienti, i ribelli e i poeti? Non sono io il re della terra, come tu sei il re dei cieli? Non sono io Bajardo e Turenna e Montecuccoli? Non risiedono nelle mie mani di ferro i destini della società? Prova a smuovermi. Crollando io, crollerebbero intorno a me tutte le antiche istituzioni e il mondo commosso tremerebbe nelle sue viscere.
      — Prode cavaliere, principe della distruzione, così gli rispose il vecchio, noi conosciamo i tuoi meriti e ci guarderemmo dal menomarli. Ma hai tu lagnanze da esporre? Gli uomini ti apprezzano e ti servono secondo i tuoi desideri?
      — Buon padre, essi mi amavano un tempo e ancora adesso mi rispettano per timore. Ma lingue velenose tentano di annientare la mia riputazione e vanno predicando che la pace è preferibile alla guerra, che il benessere risiede nell'amore e nella concordia e simili panzane da bambini.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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