— Orvia, puniremo i ribelli. Qualcuno vuole ancora parlare? Si avanzino i malcontenti e coloro, che temono la mia folgore.
Un ometto inchinò il corpo tondo e untuoso, poi fece udire la sua voce, stridula come un canto di cicala:
— Signore, risplendo io abbastanza? Quanto vedete in me è oro, poichè io sono una magnifica moneta da venti franchi. Volete ridere? Vi narrerò il mio potere, che più volte mi ha fatto incerto del vostro. Ogni uomo vorrebbe possedermi; per me si sacrificano vite, si ripudiano virtù, si uccidono onestà ed onore. Volete ridere? Ho visto fanciulle fiorenti vendere i loro freschi corpi per ottenermi, ho visto giovanetti avvelenare i padri, mariti assassinare le mogli. E poi, cosa ancora più strana, mi son sentito palpeggiare da mani di vecchi e di fanciulli, di spose e di re. Allorchè esco a passeggiare, mi vedo seguito da un codazzo di uomini, che si accalcano, infuriano un contro l'altro. E tutti vorrebbero prendermi e stendono le mani verso di me e fanno luccicare gli occhi nell'ombra. Sono obbligato a correre per le vie come un pazzo, volgendo indietro lo sguardo pauroso su quella fiumana di gente dagli aliti caldi e dai gesti violenti. Ormai, sono stanco e quasi risoluto a gettarmi in un mucchio di immondizie, ove mi raccoglierà qualche onesto spazzaturaio.
— Non lo fare, lo interruppe un altro pazzo, o per tutto l'oro del mondo ti avrò in conto di una femminetta.
L'interruttore era il poeta di cui vi parlai poco fa. Si avanzò veloce e, inchinatosi al Padre Eterno, continuò:
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Padre Eterno
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