Se ero rimasto terrorizzato dal delitto, disprezzavo il delinquente.
Trovai Sofia sola, abbandonata sovra un divano in uno stato di profondo accasciamento. La cameriera, che m'aveva introdotto, mi disse che la sua padrona era tornata a casa da poco e che si era gettata subito su quell'ottomana, senza profferire parola.
Mi avvicinai a Sofia. Essa mi vide e mi riconobbe subito, quantunque sembrasse immersa in un profondo stupore.
— Sei tu, Gianni?, mi chiese. Che vuoi da me, a quest'ora?
Comandai alla cameriera, che era rimasta sull'uscio, di allontanarsi; poi, presi una sedia e mi posi vicino alla Brendel.
— Sofia, le dissi. Poche parole! Ho assistito al vostro delitto.
La donna cacciò un urlo, ch'io le rattenni subito con un gesto imperioso. Sembrava impazzita; e mi guardava con gli occhi spalancati, mentre il suo corpo si scuoteva convulsamente. Ne ebbi pietà.
— Sei stata anche tu una vittima, Sofia! È quel dannato Cerruti, che ti ha indotto ad uccidere! Quell'uomo si compiace nel fabbricare dei delinquenti! Ma non è questo il tempo di recriminare! Bisogna fuggire, capisci?, e questa notte stessa, senza dire a nessuno dove andiamo.
— No, no, ho paura, tentò di gridare Sofia.
— Paura? Di che? Di lui, forse? Ma è quel mostro, che deve provar timore. Se tu restassi, saresti rovinata. Forse questo delitto rimarrà impunito. Ma gli altri, quelli che succederebbero ad esso? Cerruti non è uomo da contentarsi di una vita. Diverrebbe insaziabile; e tu, povero automa nelle sue mani, saresti sacrificata alla sua avidità! Fuggiamo, invece, tu, Augusta ed io, senza lasciar traccia di noi.
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