Qualcuna ha una linea più spiccata; altre no. Su tutte, però, grava un'aria speciale, che è propria ad esse e che a qualche chilometro di distanza subisce già molte modificazioni. Vedete, per esempio, Venezia. Non credo che si possa immaginare, anche in Cina o nel Giappone, una città più bizzarra e più impressionante.
Siete in un convoglio, che corre sopra una strettissima striscia di terreno rialzata di poco sul mare, e da ogni parte non scorgete se non la superficie liscia delle acque. Vi sporgete dallo sportello del vostro compartimento e, spingendo lo sguardo innanzi, distinguete, nella nebbia, certi profili neri, che pare appartengano a qualche nave ancorata e che poi, più da vicino, si delineano in profili d'isolette oblunghe, con tre o quattro alberi per vegetazione e con qualche ranocchio per abitatore.
La città è ancora lontana e indarno cerchereste di abbracciarla con lo sguardo a qualche chilometro di distanza. Finalmente, quasi senza avvedervene, arrivate. Ve ne fanno certo i lampioni accesi e una tettoia piena di fumo, che si stende sul vostro capo. Scendete, uscite: una striscia di terreno, un vaporetto, che v'attende, ed il Canal Grande innanzi al vostro sguardo meravigliato.
E tutto questo senza che un grido, un sol rumore di martello, di porta che si chiuda, venga a rubarvi nel vostro fantasticare. Siete sul Canal Grande, così i veneziani chiamano una stretta gola, forse metà del letto del Bisagno, fiancheggiata da palazzi della più strana architettura, degni tutti d'essere ideati e costrutti dal buon consigliere Crespel di hoffmaniana memoria.
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