Quei caseggiati, di notte cerchiati dall'ombra, ma di giorno multicolori, costruiti secondo le figure geometriche più arrischiate, non vi rivelano forse tutta l'indole di questo popolo? In quell'invasione di piccoli spazii, in quell'utilizzazione di ogni tratto di terreno, che vi foggia angoli bizzarri, sporgenze mostruose, bernoccoli massicci, non leggete lo spirito pratico, attivo, calcolatore del genovese? E non vi leggete anche il risparmio e l'economia, smentiti solo in apparenza dalla sfarzosità grottesca delle nuove abitazioni? Quelle nicchie, quei ricami, quei gingilli sui muri, appariscenti e sfacciati, non vi denotano la mania dello sfoggio e del lusso, che prepara lauti banchetti la domenica, mentre gli altri giorni si mangia il minestrone?
Gianni Maglino parlava come un invasato. La sua voce usciva stridula dalla gola, accompagnata da gesti sconnessi. Infine, quel bizzarro individuo si calmò, si raccolse un poco, poi ripigliò a parlare tranquillamente:
— Viaggiai per qualche anno, cercando febbrilmente le avventure e lo svago. Infine, stanco, accettai l'invito di un mio amico e mi recai ad Ivrea, a riposare nella sua casa. Ed eccomi stabilito in una piccola città di provincia, simpatica e pittoresca ed ove il mio pensiero poteva a suo agio svagarsi nelle bellezze del paesaggio e fra le molte vestigia del medio evo. Ivrea è composta di un gruppo di case, limitate da una parte dalla Dora Baltea, che scorre fra brevi isolotti ricchi di piante e si biforca in un rapido canale, e dall'altra da una greve cinta di mura, annodantisi in un castello medio-evale, conservato abbastanza tranne per una torre, troncata già da tempo dal fulmine.
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