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      Negli occhi, piccoli e azzurri, un sogno; sul viso, nascosto a mezzo da una barba selvaggia e da due baffi spioventi, una grande tristezza. La bocca però, sottile e larga, aveva di quando in quando movimenti felini.
      Quando egli parlava accalorato, la sua voce assumeva un suono di lima, che strida; quando diceva dei versi, pareva gli tremolasse nella gola il pianto di tutte le anime addolorate. Egli era spesso in preda, come confessava, alla malinconia dell'infinito. Aveva qualche momento di allegria puerile: correva, saltava come un bimbo dietro una palla di gomma. Poi, tornava ancora più triste verso di me, quasi temendo un rimprovero.
      Facemmo insieme lunghe passeggiate al chiaro di luna. Parlavamo di poesia, d'arte, che so! Più spesso tacevamo. Ma allora parlavano i nostri sguardi, le anime avvinte alla bellezza delle penombre e degli argentei chiarori.
      Un giorno dovetti partire, recarmi in paesi lontani.
      Prima di lasciarci ci stringemmo a lungo la mano. Sentivamo un pianto dentro di noi. Tornai dopo qualche mese di vita randagia. Chiesi nuove del mio nottambulo, ma non potei saperne nulla di certo. Infine lo trovai per caso all'angolo di una via.
      Era spaventosamente magro, d'una magrezza spettrale. La schiena gli si era curvata ancor più; gli occhi, profondi sotto le arcate del cranio, gli scintillavano come se presi dalla febbre.
      Mi salutò con gioia. Ma, nel discorrere, intesi in lui qualcosa di stentato, un imbarazzo come di chi vuol nascondere i suoi pensieri. Disse che s'era stancato della sua vita solitaria e che avea preso moglie, una brava donnina economa.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280