Tentò di balbettare: «Bambino!». Gli occhi gli si impietrarono, rimasero larghi, bianchi, fissi nel vuoto.
Così vidi morire il mio gufo.
Gianni Maglino tacque improvvisamente. L'alba, insinuandosi per le vetrate con la sua luce stanca, faceva impallidire quella giallognola del petrolio.
Il racconto del sarto era terminato. Una vita avventurosa si era svolta innanzi all'immaginazione del Perroni, condensata in poche frasi dallo strano narratore. Adesso, l'azione doveva sostituir la parola.
XII
Una onesta taverna
Maglino e Perroni si posero, fin dal domani, alla ricerca di Augusta. Non vollero chiedere l'aiuto della questura, poichè temevano di danneggiare la donna. Chi poteva dire ove la signorina Scarpette avesse posto il suo domicilio? Forse fra le prostitute più basse? O si era trasformata in una creatura onesta? O era mantenuta da qualche ricco negoziante?
Cominciarono col visitare, inutilmente, i luoghi più volgari di Genova. Ogni minima traccia, che li faceva sperare di essere al fine delle loro peregrinazioni, veniva scrupolosamente seguita con la pazienza che inspira l'affetto.
Trascorse così un mese, senza alcun risultato. Una notte, mentre, appoggiati alle colonne di Galleria Mazzini, guardavano scoraggiati quelle poche donne nottambule, solite a battere il lastrico nelle ore più tarde, udirono accanto a loro un dialogo, che li sorprese e li interessò vivamente.
Due straccioni parlavano animati. L'uno era ancor giovanissimo, un viso appassito da adolescente precoce, e portava in una mano una lanterna da ciccaiolo.
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