L'altro, barbuto e peloso, pareva più una scimmia che una creatura umana.
— La vedrò questa sera, diceva il ciccaiolo.
— Al solito posto?
— Sì. Una brava donnina e che, se non fosse stata la buon'anima di Storno, avrei saputa far lavorare.
— Ah! Ah! Che tipetto! Sei una vera arca di scienza: Ma bada che Scarpette è furba.
— Mai quanto me! Sembra che mi voglia bene! Vedremo! È andata giù; ma se ne può fare ancora qualcosa!
I due si divisero, ridendo. L'adolescente allungò il passo giù per i portici. Ma il Maglino fu presto a seguirlo. Lo raggiunse e gli chiese a bruciapelo:
— Scusate! Parlavate di Scarpette, poco fa! La canzonettista, forse?
— Sì, quella. Eravate un avventore suo, una volta?
— Appunto! E vorrei rivederla! Potreste dirmi...?
Gli fece scivolare in mano qualche franco. Il ciccaiolo titubò un poco, poi disse:
— Andate all'osteria del «Buon Marinaio» al Mandraccio.
Si allontanò, fischiettando. Il Maglino non poteva contenere la gioia. Era, finalmente, a buon punto. La sera seguente, i due amici si incamminarono a braccetto verso il luogo designato.
Il Mandraccio, per chi nol sapesse, è uno strano quartiere, cresciuto come un fungo malefico sovra una breve penisola. Un ammasso di case vecchie, intramezzate da vicoli, qualche archivolto, un tanfo dovunque e un tappeto di immondizie ne fanno una specie di paese selvaggio, pullulante di creature vagabonde e sporche. Il puzzo di pesce marcio ti serra la gola, l'affrettato camminare di donne sporche e di uomini in maglia ti impedisce il cammino, gli strilli dei bambini, il nero delle case, la strettezza dei vicoli ti obbligano a pensare involontariamente quei quartieri misteriosi, ove pare che il diavolo abbia raccolti i suoi sudditi a perpetrare ogni specie di delitti.
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